Celebrazioni del IV novembre - comune di Cordenons
"Il mio bisnonno Riccardo era nato nel 1895. Quando partì per la guerra aveva vent’anni, si era appena sposato e non si era mai allontanato da Pisa, la sua città.
Si ritrovò catapultato in montagna, solo, fra compagni sconosciuti con cui condividere l’attesa del nemico o di una lettera. Solo, nelle trincee scavate sugli altipiani veneti imbiancati di neve, dove si continuava a credere, con l’ostinazione della giovinezza, che “torneranno i prati” (come nel film di Ermanno Olmi del 2014) e con essi la vita, ma talvolta anche l’oblio.
In quelle trincee gelate combatté e si salvò. Fu decorato con due medaglie che qualcuno della famiglia ha poi incollato su una cartolina postale che lo ritrae sorridente in divisa da ufficiale:
“For-ever. Riccardo 19.7.17”, c’è scritto. Quasi un sortilegio, con il nove e il sette, numeri magici, a scongiurare la paura per la prossima battaglia, la più dura, la più sanguinosa, quella definitiva.
A casa, oltre alla salvezza, portò anche una granata che fece fondere e da cui venne ricavato un piccolo elmetto, simbolo e ricordo di quella guerra combattuta con la forza dei vent’anni per il proprio Paese, verso cui anche in seguito si dimostrò sempre leale, e per la giovane moglie, Margherita, in attesa di una bambina, la mia nonna.
Da questa piccola storia famigliare nasce una riflessione sul ruolo delle forze armate in Italia.
Un ruolo difficile, spesso doloroso per chi combatte e per le famiglie che attendono a casa il ritorno dei loro cari. Uomini e donne che hanno scelto di mettersi al servizio del Paese, rinunciando agli affetti e alla sicurezza, e che spesso partono per missioni in luoghi lontani per portare pace e aiuti a popoli in sofferenza. Uomini e donne certamente più preparati dei giovani soldati della Prima Guerra mondiale, ma uguali a loro nell’ostinazione e nel coraggio, pronti a superare con generosità ostacoli di tutti i tipi e a condividere umanità e protezione con chi ne ha più bisogno."
FRANCESCA CANEVA - 5A